La diagnosi dell'osteomielite richiede un approccio completo che coinvolge esami clinici, imaging ed esami di laboratorio. Durante la
visita specialistica, il medico può sospettare la patologia su una combinazione di segni e sintomi clinici, come ad esempio un
dolore persistente non spiegabile altrimenti,
la limitazione della mobilità o una stanchezza senza altre motivazioni plausibili. Altri dati molto importanti sono
la storia clinica del paziente e in particolare precedenti di interventi chirurgici o traumi.
In seguito al sospetto di osteomielite, gli
esami del sangue servono a valutare lo stato dell’infiammazione. Le indicazioni necessarie vengono da
emocromo con formula (in particolare globuli bianchi e formula leucocitaria),
proteina C reattiva (il cui livello aumenta in modo considerevole in caso di infiammazione) e
VES (velocità di eritrosedimentazione, ossia la velocità con cui i globuli rossi si depositano sul fondo della provetta, aumentata in caso di infiammazione).
Importante per la diagnosi di osteomielite è la
radiografia, che consente di valutare eventuali cambiamenti o danni dovuti all’infiammazione, sebbene ciò avvenga in alcuni casi solo dopo 2-4 settimane dai primissimi sintomi.
Ulteriori esami, come la
risonanza magnetica (RM) e la
tomografia computerizzata (TC), sono fondamentali rispettivamente per confermare la presenza dell'osteomielite e pianificare l’eventuale operazione chirurgica più adatta. La
scintigrafia ossea può essere utilizzata per individuare le zone maggiormente colpite dall’attività infiammatoria, anche se non è detto che essa distingua l’infezione da un’altra patologia.
Essenziali risultano
l’indagine microbiologica e la biopsia con prelievo di tessuto (specialmente in sede di intervento chirurgico), per identificare la presenza di microrganismi e l'agente patogeno specifico. ? infatti indispensabile capire con esattezza quale sia il microrganismo responsabile dell'infezione.