In italia ci sono
milioni di pazienti con ferite complesse e ulcerazioni cutanee con varia causa. Vivere con delle lesioni recidivanti e croniche abbassa la qualità della vita di queste persone e le espone al rischio di contrarre infezioni. Inoltre,
la gestione del paziente con ferite complesse ha anche un
peso non sottovalutabile per i caregiver familiari, con un investimento significativo in termini di tempo e risorse per prendersi cura dei propri famigliari.
Una
formazione specifica per i medici e i sanitari e un approccio
multidisciplinare al trattamento delle ferite complesse potrebbero cambiare lo scenario. Ne abbiamo parlato con il
prof. Claudio Ligresti, chirurgo del
Maria Pia Hospital di Torino.
Le tipologie di ferita complessa
“L’argomento è molto complesso”, spiega il
prof.
Ligresti. “Curare i pazienti con ferite è un grosso problema perché
ciascun caso ha le proprie specificità. Esistono ferite di tipo
acuto, per esempio traumatiche, provocate da incidenti stradali o ustioni o traumi sul lavoro. Alcune ferite che non rimarginano possono essere provocate da un intervento chirurgico, con il rischio che la pelle vada in necrosi. Queste ferite hanno bisogno della chirurgia plastica, ma anche di un team multidisciplinare che funga da regia per il trattamento, perché il problema potrebbe nascondere altre problematiche come eventuali fratture ossee o lesioni muscolari".
“Rientrano tra le ferite complesse anche
le lesioni di tipo metabolico, come il piede diabetico (neurologico o vascolare) o le
ulcere da pressione, come ad esempio le piaghe da decubito in pazienti allettati.
Queste persone vanno seguite e vanno operate chirurgicamente. Per farlo serve un bagaglio tecnico ampio, che va dalla semplice cura, all’esecuzione di un lembo microchirurgico per ricostruire la zona del corpo danneggiata. Il più delle volte ci troviamo di fronte a pazienti complessi che usano ausili per la deambulazione o sono in sedia a rotelle; spesso sono anziani con patologie miste, diabetiche, vascolari per problematiche di reflusso venoso o stenosi e occlusioni delle arterie, con conseguente ischemia e necrosi degli arti periferici. Anche in questi casi è importante la multidisciplinarietà tra gli specialisti di chirurgia vascolare, ortopedica e plastica”.
La differenza tra ferite e ulcere
Ma quando si parla di ferite e quando di ulcere, e come cambia il trattamento?
“Se
una ferita non rimargina entro 60 giorni si trasforma in un’ulcera”, risponde il professore. “Si tratta quindi di una ferita cronica che va incontro a fenomeni di tipo settico (infezioni). Queste ferite richiedono l’intervento di specialisti di vulnologia. Il problema è che oggi non sono individuabili facilmente, perché la vulnologia non ha ancora una scuola di specializzazione, essendo una materia nuova, nata da circa 20 anni”.
“Per mitigare questa lacuna, abbiamo fondato
l’Italian Academy Wound Care presso il polo universitario di Asti, con due corsi di studio, uno base e uno avanzato, con tutte le materie che rientrano in questo settore medico molto specifico e complesso”.
La chirurgia è una soluzione definitiva per il trattamento delle ferite?
“La chirurgia può essere considerata
una soluzione definitiva se ben eseguita e se i pazienti vengono seguiti con un follow up periodico. In caso contrario, dopo l’intervento, il rischio di recidiva aumenta. Questo vale per tutti i pazienti trattati chirurgicamente per una ferita complessa, ma soprattutto per quelli che hanno sviluppato un’ulcera da pressione perché sono in carrozzina o quelli con piede diabetico da neuropatia. Spesso infatti questi pazienti non sentono dolore, quindi un’analisi e l'ispezione periodica sono fondamentali”.
La medicina rigenerativa
Negli ultimi 20 anni è emersa una novità nel trattamento delle lesioni complesse e delle ulcere: la medicina rigenerativa. Fuori del settore medico è ancora poco conosciuta, ma
le tecnologie usate favoriscono la rigenerazione dei tessuti e la guarigione delle ferite.
“Un tessuto può rigenerarsi da solo, come sperimentiamo quando ci graffiamo la pelle e questa rimargina. Nel caso delle ferite complesse, la pelle si può aiutare a rimarginare con le tecniche di medicina rigenerativa. Si tratta di utilizzare alcuni tessuti che attivano e velocizzano il processo di rigenerazione:
- Il sangue. Le piastrine dei globuli rossi sono cellule che contengono fattori di crescita che a contatto con le altre cellule del corpo stimolano la rigenerazione dei tessuti. Si prelevano dal sangue con una procedura di purificazione, da cui viene fuori un gel piastrinico detto anche PRP, che si inietta localmente nel tessuto da rigenerare. In genere si utilizza il sangue prelevato dal paziente stesso, ma si può ricorrere anche a donatore;
- Il grasso. Nel tessuto adiposo ci sono perfino più cellule staminali che nel midollo osseo. Perciò è utilizzato per aiutare una ferita a guarire. Il grasso si preleva da adiposità localizzate nel paziente e - una volta purificato - si inietta nella ferita. Il prelievo di grasso è sempre autologo;
- Le matrici dermiche. Sono delle strutture a forma di piastra piatta, di solito di derivazione animale (bovini o equini), rese sterili. Si utilizzano soprattutto sugli avvallamenti causati da una zona necrotica, quindi si inseriscono in sala operatoria per risanare la lesione prima della chirurgia”
Quando utilizzare la Medicina rigenerativa
Come specifica il professore, “le tecniche di medicina rigenerativa per le ferite complesse fanno parte a tutti gli effetti della chirurgia plastica.
La medicina rigenerativa ha dei risultati induttivi, cioè non è mirata a riparare chirurgicamente le ferite e le ulcere, ma a stimolare l’autoguarigione del tessuto attraverso la spinta dei fattori di crescita. I trattamenti di medicina rigenerativa possono essere ripetuti, mentre un trattamento chirurgico come un innesto di pelle o un lembo sono interventi definitivi.
La scelta dipende dalla necessità di riempire l’ulcera in maniera funzionale ed elastica. L’ideale è usare la medicina rigenerativa quanto più possibile perché questo trattamento permette di avere un tessuto che attecchisce in maniera più elastica e quindi meno soggetto a ulteriori ulcerazioni e recidive."