Sono affezioni vascolari spesso sottovalutate o misconosciuto, a volte destano incertezza e preoccupazione sia per il paziente che per lo stesso medico che si trova a fronteggiarle. Parliamo delle
malformazioni venose e
arterovenose, patologie vascolari che fanno parte di una famiglia ancora più vasta che comprende anche le malformazioni linfatiche e le malformazioni piane.
Ne parliamo con il
dott. Tommaso Lupattelli, specialista in Radiologia Interventistica e Chirurgia Vascolare presso
Villa Torri Hospital di
Bologna e grande esperto di embolizzazione con esperienza internazionale in particolare presso l'Hammarsmith Hospital, centro di riferimento di tutto il Commonwealth per questo tipo di patologia.
Dott. Lupattelli in cosa consistono queste malformazioni e quando generalmente si presentano nel paziente?
Le
malformazioni venose (VM) sono patologie congenite – presenti quindi dalla nascita – le quali però generalmente si rendono evidenti dall' l’adolescenza in avanti. A provocarle è un’alterazione morfostrutturale funzionale dei vasi venosi periferici o centrali (figura 1). Può interessare il piano cutaneo e sottocutaneo, quindi essere superficiale o interessare il piano muscolare, quindi crescere in profondità. Sono essenzialmente di tre tipi: infrarosse, periferiche o cranio-facciali. Sono malformazioni che possono causare dei problemi di varia natura al paziente perché occupano spazio, possono rendersi responsabili di dolori o possono essere purtroppo anche antiestetiche, soprattutto quando sono superficiali quindi a carico della cute.
Esiste poi anche un secondo tipo di malformazione ancora più complessa delle VM, malformazione che prende il nome di
malformazione arterovenosa (AVM). Questo secondo tipo di malformazione è costituita non solo da vene, come invece si osserva appunto nelle VM, ma anche da arterie. Nelle malformazioni arterovenose, le arterie che dovrebbero arrivare a veicolare sangue ossigenato fino a livello capillare bypassano i capillari e si gettano direttamente nel letto venoso in strutture chiamate venule, che non sono altro che vene di piccolissime dimensioni (figura 2).
Questo fa sì purtroppo che ci sia un passaggio anticipato di sangue dal letto arterioso al letto venoso e questo comporta generalmente un aumento considerevole della pressione venosa, che invece non dovrebbe verificarsi. La pressione arteriosa ha infatti valori di circa 80/120 mmhg in condizioni normali, mentre la pressione venosa di circa 2/4 mmhg. La pressione venosa è quindi una pressione molto bassa rispetto a quella arteriosa, ma nel momento che si verifica un passaggio di sangue diretto tra arteria e vena, la pressione venosa si trova inevitabilmente ad aumentare significativamente e questo può, in alcuni casi, arrivare anche a creare scompensi a livello cardiaco.
Infatti, in caso di un passaggio diretto tra arterie e vene senza il fisiologico passaggio di sangue dai capillari arteriosi a quelli venosi
il cuore può anche trovarsi a subire un sovraccarico importante di ritorno venoso con, nel tempo, anche delle serie problematiche correlate a questo fenomeno.
La presenza di AVM è molto spesso ben nota ai pazienti che ne soffrono, possono essere suddivise in vari tipi in base alla loro anatomia e nei casi più favorevoli essere trattate con la tecnica dell’
embolizzazione (figura 3). Fino a poco tempo fa invece, purtroppo, dovevano essere escisse chirurgicamente, quando possibile, quindi sottomettendo il paziente a degli interventi veramente invasivi, anche ripetutamente. L’embolizzazione è una tecnica che viene eseguita da più di 20 anni ed è un intervento che permette di trattare in maniera mininvasiva sia le malformazioni venose che quelle arterovenose.
In cosa consiste l’embolizzazione?
L’embolizzazione è una tecnica che si esegue passando dall’inguine mediante un minuscolo forellino cutaneo, eseguito con una semplicissima anestesia locale.
Nel caso della
malformazione venosa si va a pungere generalmente la vena femorale comune, nel caso di una malformazione arterovenosa si dovrà necessariamente accedere anche dall’arteria femorale comune. A volte però l'accesso alla malformazione può avvenire anche dai vasi della piega del gomito.
Successivamente si introduce un piccolissimo tubicino, chiamato catetere, all’interno del vaso di accesso. Una volta giunti con il catetere all’interno della malformazione il medico radiologo (il medico preposto all‘embolizzazione) inietta uno sclerosante. Se si tratta di malformazione venosa generalmente si utilizza uno sclerosante tipo atossisclerolo, quindi lo stesso farmaco impiegato per trattare le varici venose agli arti inferiori.
Quando invece si embolizzando
malformazioni arterovenose il discorso è molto più complesso.
A volte oltre lo sclerosante si utilizzano materiali più sofisticati come spirali metalliche o colle dedicate (figura 4). Le
malformazioni venose e arterovenose possono tuttavia essere anche embolizzate per puntura diretta, e cioè entrando direttamente all’interno della malformazione attraverso un ago specifico dal quale si può poi embolizzare direttamente (figura 5). Questo approccio è generalmente riservato a
malformazioni superficiali e quindi più facilmente aggredibili mediante puntura diretta.
? importante specificare che la malformazione arterovenosa è effettivamente più complessa di quella venosa e volte può richiedere più di un trattamento. Lo scopo principale del radiologo interventista è quello di distruggere il nidus, cioè la parte centrale della malformazione. Per fare un esempio molto semplice ma altamente rappresentativo, una malformazione può essere costituita da una o più arterie che arrivano ad un nidus centrale, da considerarsi una sorta di “piazza”. Da questa piazza partono poi una o più vene di drenaggio. Spesso, invece che andare a chiudere arteria per arteria e vena per vena il radiologo interventista va a chiudere direttamente il nidus in modo che tutte le arterie e tutte le vene a questo punto risultino bloccate. Chiudere il nidus, la parte centrale della malformazione è il principale target del trattamento.
L’ embolizzazione delle malformazioni artero-venose richiede tantissima esperienza. Nella
malformazione venosa i risultati sono ottimi spesso, inoltre il trattamento non è estremamente complesso perché una volta entrati all’interno della malformazione venosa la semplice iniezione di sclerosante conduce ad ottimi risultati. Nella
malformazione arterovenosa Invece è di fondamentale importanza prestare attenzione sia alle vie di afflusso (arterie) che a quelle di deflusso (vene), oltre che ovviamente al nidus.
? inoltre estremamente importante che l’operatore sappia iniettare il materiale nel punto più corretto scegliendo inoltre sempre il materiale più indicato a seconda del caso e della sede da trattare. Il radiologo interventista deve essere anche molto esperto per poter capire quali AVM siano passibili di intervento e quali no, perché a volte embolizzare delle malformazioni arterovenose può portare anche al peggioramento della sintomatologia. Sarà proprio l’esperienza dell’operatore a suggerirgli quando intervenire perché in grado di migliorare la situazione e quando invece non intervenire per il rischio di creare nel tempo recidive di malattia più importanti della malattia originaria.
? quindi importante affidarsi a medici altamente esperti nel campo dell’embolizzazione delle malformazioni vascolari che sappiano anche indirizzare dal principio il paziente sulla diagnostica da eseguire per poter valutare correttamente anatomia, posizione ed estensione della malformazione, oltre che saper individuare l’eventuale coinvolgimento di tessuti e organi adiacenti alla lesione in esame.