La
Neurochirurgia ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni, grazie all’innovazione tecnologica e al dialogo con le neuroscienze. L’unità operativa di Neurochirurgia di
Città di Lecce Hospital si occupa di
patologie craniche e di
patologie vertebrali con tecniche che minimizzano l’aggressione chirurgica e permettono al paziente una ripresa rapida. Abbiamo chiesto al dottor
Antonello Ceddìa,
neurochirurgo a Città di Lecce Hospital, quali sono gli
interventi eseguiti dall’unità, le
tecniche utilizzate e i
vantaggi che offrono.
Dott. Ceddìa, quali sono le patologie trattate dalla Neurochirurgia di Città di Lecce Hospital?
“L’unità operativa di Neurochirurgia di Città di Lecce Hospital è in grado di trattare patologie dell’ambito neurochirurgico sia per quanto riguarda il settore cranio sia per quanto riguarda l’aspetto della patologia vertebrale. Noi siamo in grado di occuparci qui di patologie di elezione, come i tumori cerebrali extra-assiali (meningiomi, tumori benigni delle meningi, o neurinomi, formazioni benigne dei nervi cranici e dei nervi spinali) e di patologie che riguardano la funzionalità dei nervi cranici. In questo specifico settore, abbiamo soprattutto una consolidata tecnica nella gestione della nevralgia del trigemino o del glossofaringeo. Nell’ambito della patologia vertebrale, invece, a Città di Lecce Hospital è possibile effettuare interventi chirurgici del tratto cervicale per via anteriore o posteriore, di patologie degenerative e quindi evolutive, di patologie traumatiche e di patologie oncologiche”.
Quali sono gli interventi che vengono eseguiti?
“Gli interventi che possiamo effettuare in questa unità operativa sono le craniotomie decompressive, l’evacuazione degli ematomi, il trattamento delle turbativa della dinamica liquorale - per esempio l’idrocefalo iperteso o l’idrocefalo cronico dell’adulto -, le craniectomie decompressive della fossa cranica posteriore, la liberazione del conflitto neurovascolare che riguarda il nervo trigemino o il nervo facciale e l’asportazione delle neoplasie extra-assiali”.
Quali sono le tecniche più innovative utilizzate?
“Sotto l’aspetto tecnico, il miglioramento dell’apporto e del dialogo della neurochirurgia con le neuroscienze – soprattutto con la neuroradiologia - ha permesso di ottenere dei parametri molto affidabili per la gestione delle craniotomie, e quindi della breccia chirurgica. In passato queste aperture, il così detto opercolo craniotomico, erano molto più vaste rispetto all’area su cui bisognava intervenire chirurgicamente. Oggi, invece, sono limitate esclusivamente alla breccia chirurgica sulla quale o sotto la quale esiste la neoplasia”.
Anche la chirurgia vertebrale è riuscita ad evolversi?
“Sì, anche nell’ambito della chirurgia vertebrale c’è stato un notevole passo avanti. Gli interventi chirurgici non sono più considerati demolitivi, piuttosto sono considerati decompressivi. Quindi l’origine del trattamento dell’azione chirurgica è liberare le strutture nervose compresse da frammenti discali o da particolari ipertrofie ossee. In seguito si procede con la ricostruzione di questi segmenti trattati con la decompressione, al fine di favorire una pronta ripresa funzionale del paziente”.
Che vantaggi offrono queste tecniche per il paziente?
“Innanzitutto si minimizza l’aggressione chirurgica. Questo vuol dire che la “demolizione” del tessuto sano circostante a quello patologico è veramente limitata al minimo indispensabile. In secondo luogo, anche interventi estesi per più livelli della colonna vertebrale non determinano un’impotenza funzionale del paziente, che è in grado di riprendere la posizione eretta e una buona funzionalità deambulatoria anche a 24 ore dall’intervento chirurgico. Per quanto riguarda, invece, gli aspetti della patologia cranica, i pazienti sono sicuramente molto avvantaggiati da questo approccio in ‘mini-open’, con mini-incisioni, per cui già dopo 48 ore dal trattamento chirurgico molti pazienti sono in grado di mantenere la posizione seduta fuori dal letto, e di iniziare a deambulare dopo 48-72 ore”.
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