San Pier Damiano Hospital / 19 luglio 2024

Nuovi test per l’analisi del microbiota oculare

Nuovi test per l’analisi del microbiota oculare
Diversi studi, nel corso degli ultimi anni, hanno suggerito che le alterazioni del microbiota oculare possono avere un ruolo nell’insorgenza e nell’evoluzione di diverse patologie oculari. Tuttavia, fino a oggi l’analisi del microbiota oculare a scopo diagnostico non era possibile, per gli alti costi necessari e la difficoltà di trovare laboratori di sequenziamento adatti allo scopo. Dunque, vista l’impossibilità di profilare l’intero microbiota, normalmente si eseguono esami colturali per la ricerca di alcuni sospetti patogeni dopo un prelievo con tampone oculare.

In caso di cheratite, per esempio, il tampone oculare seguito da esami colturali, permette di identificare la presenza di specifici patogeni, ma per avere un risultato sono necessari tempi molto lunghi, fino a 7-10 giorni.

Oggi iniziano a essere disponibili test più rapidi, specifici e di più larga applicazione clinica. Ne abbiamo parlato con il Dott. Alberto Lanfernini, oculista di San Pier Damiano Hospital di Faenza (RA), che in questo articolo ci illustra i due test più promettenti per l’analisi del microbiota oculare e per il futuro sviluppo di terapie oftalmologiche mirate.

Tampone oculare e analisi con PCR

La PCR (o reazione a catena della polimerasi) è un test di laboratorio che permette di amplificare e identificare il materiale genetico raccolto dall’occhio del paziente mediante un tradizionale tampone oculare e identificare il materiale genetico dei patogeni presenti nel campione prelevato. Il prelievo del campione mediante tampone oculare viene eseguito in ambulatorio ed è indolore.

I nuovi test con PCR attualmente disponibili sono particolarmente indicati per verificare la presenza (o aver la certezza dell’assenza) di batteri e virus che si associano a numerosi quadri patologici. Spesso, infatti, i quadri infiammatori cronici, cioè di lunga durata, sono sostenuti dalla presenza di alcuni patogeni.
Tra questi ricordiamo ad esempio:
  • blefariti: infiammazioni delle palpebre generalmente causate da batteri come gli Staphylococcus Aureus; 
  • cheratiti infettive: infiammazioni della cornea che possono essere causate da infezioni batteriche ma anche da diversi virus come gli Herpes; 
  • occhio secco e alterazioni della lacrimazione in generale, come la presenza di muco mattutino e occhi appiccicosi durante la giornata; 
  • infiammazioni e infezioni in portatori di lenti a contatto: spesso infatti l’uso delle lenti a contatto porta a infezioni di patogeni, come Fusarium, Acanthamoeba, Chlamydia, difficili da inquadrare, per cui una diagnosi tardiva porta con sé molti problemi di trattamento e compromette la guarigione.
Un notevole vantaggio del tampone oculare con test con PCR è la 谤补辫颈诲颈迟à dell’esito: a differenza degli esami colturali tradizionali, la risposta si può ottenere in circa 3 giorni (lavorativi). In questo modo, è possibile associare una infezione oculare a uno specifico patogeno in tempi molto rapidi e iniziare la terapia in modo tempestivo, evitando che la patologia progredisca e dia origine, nel caso di cheratiti infettive, ad ascessi corneali che possono complicarsi e rendere necessario un trapianto di cornea. Sono disponibili test mirati per i quadri più frequenti di cheratite, blefarocongiuntivite e Herpes: ogni test ricerca una batteria degli 8 più frequenti patogeni associati ai singoli quadri. Infine, questi test, eseguiti dopo le terapie, hanno una grande utilità nel garantire che l’agente infettivo sia stato eliminato definitivamente.

Profilatura del microbioma

Tramite lo stesso tampone oculare descritto qui sopra, è possibile eseguire un’indagine ancora più approfondita: anziché ricercare un piccolo gruppo di batteri patogeni, si può eseguire una profilatura dell’intero microbiota (solo batterico o comprensivo anche di funghi e virus). Confrontando i dati ottenuti da questa indagine con quelli relativi al microbiota di un occhio sano, sarà possibile evidenziare una disbiosi (cioè un’alterazione del microbiota) e associarla a un particolare quadro patologico. Si tratta di indagini di bioinformatica molto più complesse e costose del test della PCR e attualmente questo esame è utile soprattutto nel contesto della ricerca anche se può trovare applicazioni in approfondimenti di natura clinico/diagnostico: in futuro, inoltre, potrebbe diventare un test di riferimento per indagini diagnostiche sempre più mirate e informative.
Alcune possibili applicazioni riguardano:
  • l’individuazione di nuovi marker diagnostici per identificare con precisione la associazione di uno specifico microbiota alterato in una patologia oculare (per esempio, al momento sono in corso studi sul glaucoma, mentre sono stati trovati alcuni ceppi apparentemente specifici nel cheratocono);
  • la diagnosi differenziale, molto importante per distinguere, per fare un esempio, i quadri allergici da altri stati di infiammazione oculare cronica, come quelli associati a patologie reumatologiche;
  • l’identificazione di persone a rischio, che presentano i segni di una disbiosi anche in assenza di un quadro patologico evidente: queste persone (per esempio i portatori di lenti a contatto) possono essere seguite nel tempo per garantire una diagnosi precoce alla comparsa dei primi sintomi.
Dunque, anche l’oculista finalmente può avere a disposizione alcuni test che permettono di diagnosticare e avere la certezza dell'eliminazione del patogeno dopo le terapie eseguite.
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Revisione medica a cura di: Dott. Alberto Lanfernini

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