Quando un paziente versa in gravi condizioni di salute, in cui i parametri vitali sono compromessi e devono essere stabilizzati attraverso
trattamenti intensivi e monitoraggio continuo, viene ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Nell’unità dedicata opera
personale sanitario specializzato e sono presenti
sofisticati macchinari, che consentono l’osservazione costante e l’assistenza quotidiana nei casi in cui una o più funzioni vitali siano seriamente danneggiate.
Non c’è differenza fra rianimazione e terapia intensiva: entrambi questi termini identificano nel linguaggio comune sia il complesso di procedure terapeutiche e diagnostiche rivolte al paziente, sia i reparti stessi in cui queste vengono messe in pratica.
Diverse possono essere le origini di gravi disfunzioni dell’organismo:
- traumi rilevanti, in particolare cerebrali, che possono essere dovuti a serie cadute, ustioni, incidenti
- patologie acute come ad esempio quelle che interessano il cuore (infarto)
- conseguenze di interventi chirurgici, soprattutto quelli che coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio
L’obiettivo finale del trattamento in terapia intensiva è quello di stabilizzare le funzioni vitali dei pazienti gravi, la cui vita è in pericolo immediato, e permettere il successivo trasferimento nei reparti specializzati nel trattamento della singola patologia. In caso di insufficienza respiratoria (che è una delle più gravi conseguenze della polmonite interstiziale da COVID-19), si possono presentare due livelli di intervento. Il tutto avviene grazie ad un monitoraggio avanzato del paziente - 7 giorni su 7, 24 ore su 24 - e all’utilizzo di tecnologie che supportano in primo luogo le funzioni respiratorie e cardiocircolatorie.
Per i pazienti meno critici, ma che necessitano comunque di un costante monitoraggio, il supporto delle funzioni vitali può avvenire anche all’interno delle cosiddette terapie sub-intensive, tramite macchinari meno invasivi. Se la
funzione respiratoria è autonoma ma dev’essere comunque supportata, il personale specializzato può applicare al paziente dispositivi di ventilazione non invasiva, come
maschere facciali o
caschi. Se invece l’insufficienza respiratoria è più seria, si rende necessario
intubare il soggetto. Nei casi più critici, in cui l’ossigeno non riesce comunque ad arrivare all’organismo in quantità sufficiente, si può fare ricorso alla
circolazione extracorporea (ECMO) in sostituzione temporanea delle funzioni cardio-polmonari. Viene quindi prelevato il sangue, viene ossigenato attraverso un macchinario esterno e in seguito, mentre il cuore e i polmoni sono in condizioni di riposo, si procede alla reinfusione.
L’unità di terapia intensiva consente non solo il sostegno alla respirazione, ma anche
l’alimentazione dei pazienti,
la somministrazione dei farmaci e, se necessario, il
deflusso di liquidi dal cervello, dal torace e dall'addome. Rispetto agli altri reparti l’assistenza è costante: in genere un sanitario presidia in media 4-5 posti letto, mentre in terapia intensiva è presente
un operatore sanitario specializzato ogni due posti letto, con la supervisione di un
medico anestesista-rianimatore.