L’Unità Operativa di Emodinamica e Cardio-Angiologia Diagnostica ed Interventistica di Maria Cecilia Hospital si occupa di patologie cardiache e dell’apparato vascolare.
L’equipe di professionisti composta da Cardiologi Interventisti, Cardiologi Clinici e Cardiologi esperti in "Imaging Cardiovascolare", si occupano delle seguenti patologie cardiache: cardiopatia ischemica, patologie vascolari, cardiomiopatie, patologie congenite. Neglui ultimi anni vi è stato un significativo incremento e potenziamento delle attività mirate al trattamento transcatetere mini-invasivo di patologia strutturale cardiaca, quali stenosi valvolare aortica, insufficienza mitralica e tricuspidale, occlusione di forame ovale pervio e occlusione della auricola sinistra in pazienti con fibrillazione atriale e ad alto rischio di sanguinamento durante terapia anticoagulante. Inoltre vengono trattate con metodiche percutanee e transcatetere problematiche vascolari periferiche (aorta, carotidi, arterie degli arti superiori e inferiori) di tipo ostruttivo o dilatativo.
Attività diagnostica
Per indagare il tipo di patologia del Paziente, sono previste procedure che consistono nell’introduzione di piccoli cateteri nel sistema vascolare. Tali cateteri, percorrendo i vasi sanguigni, raggiungono sotto guida dei raggi X (fluoroscopia) il settore interessato (cuore, valvole cardiache, coronarie, carotide, aorta, arterie periferiche, ecc.) e tramite l’iniezione di un mezzo di contrasto, permettono di studiare la funzionalità del cuore o delle arterie periferiche.
Fra le procedure diagnostiche più diffuse vi è la coronarografia, indagine invasiva che mette in luce la presenza o meno di patologia stenosante (ovvero che limita il flusso di sangue) delle arterie coronarie. Tale procedura viene eseguita qualora una valutazione clinica cardiologica specifica attraverso esami strumentali non invasivi, renda fortemente sospetta la presenza di una patologia coronarica. La coronarografia oggi viene effettuata nella maggioranza dei casi inserendo i cateteri tramite la puntura dell'arteria radiale (a livello del polso), che permette di ridurre molto la durata del periodo di immobilizzazione post-procedura e quindi garantisce tempi di dimissione più precoci.
Anche le arterie periferiche possono essere indagate in analogo modo, tramite l’iniezione di mezzo di contrasto attraverso l’avanzamento di cateteri e tale procedura viene chiamata angiografia. In tale modo è possibile evidenziare l’eventuale presenza di restringimenti () e dilatazioni (aneurismi) delle arterie degli arti inferiori, delle arterie renali, dell’aorta nei suoi tratti toracico ed addominale e dei tronchi sopra-aortici (arterie carotidi, vertebrali e arterie succlavie)
Le seguenti procedure diagnostiche vengono quotidianamente eseguite presso l’Emodinamica di Maria Cecilia Hospital:
- Cateterismo cardiaco sinistro e destro
- Coronarografia selettiva
- Ventricolografia sinistra e destra
- Valutazione della portata cardiaca, area valvolare mitralica, gradienti trans valvolari, shunt intracardiaci.
- Angiografia dell’aorta toraco-addominale
- Angiografia circolo polmonare
- Angiografia dei tronchi sovra-aortici (arterie carotidi, succlavie e vertebrali)
- Angiografia selettiva delle arterie Renali e del tripode celiaco
- Angiografia degli Arti inferiori (distretto iliaco-femoro-popliteo e tibioperoniero).
Negli ultimi anni sono state introdotte altre procedure diagnostiche che rendono più accurata la valutazione dell’albero vascolare e delle strutture cardiache:
- Valutazione della riserva di flusso intracoronarica (Fractional Flow Reserve)
- Ecografia Intravascolare (IVUS)
- “Optical Coherence Tomography” (OCT)
- Ecografia intracardiaca
Interventistica coronarica e vascolare periferica
Se nel corso della coronarografia, si riscontrano stenosi delle arterie coronarie, il trattamento può essere eseguito tramite una procedura interventistica non chirurgica denominata angioplastica. Tale procedura invasiva, prevede di portare a livello del segmento stenotico (ristretto) un sistema costituito da un piccolo pallone che, gonfiato ad elevate pressioni (10-12 ATM), dilata l’arteria. Nella medesima procedura viene poi posizionando uno stent, ovvero una struttura tubulare costituita di una maglia di rete che, rilasciata all’interno della coronaria, permette di mantenere pervio a lungo termine il segmento coronarico trattato e quindi al sangue di defluire normalmente come prima che si formasse la placca. Attualmente vengono impiantati stent medicati che sono ricoperti di un farmaco che riduce sensibilmente il rischio di un successivo restringimento.
L’angioplastica percutanea può essere utilizzata anche per trattare restringimenti che interessino le arterie periferiche e quindi, anche a livello delle arterie carotidi, vertebrali e succlavie, delle renali e delle arterie degli arti inferiori può essere eseguita una procedura di angioplastica con pallone ed impianto di stent.
Attività interventistica strutturale
La continua ricerca scientifica che ruota attorno alla Cardiologia interventistica, permette di trattare un numero sempre maggiore di condizioni cliniche cardiache che interessano la struttura del cuore e le valvole cardiache.
Tali procedure vengono definite di interventistica cardiaca strutturale.
- TAVI: L’acronimo TAVI sta per “Trans Aortic Valve Implantation”. La procedura consiste nell'impianto per via percutanea di una protesi valvolare aortica in pazienti affetti da stenosi aortica severa. Tale metodica permette infatti di inserire un sistema contenente una protesi valvolare aortica attraverso un accesso vascolare femorale e di posizionare la protesi sotto la guida dei raggi X senza necessità di taglio chirurgico e di circolazione extra-corporea. Tale procedura inizialmente riservata solo per pazienti ad alto rischio per chirurgia tradizionale viene oggi proposta anche a paziente considerati a rischio intermedio e/o molto anziani.
- Mitra-clip: in pazienti affetti da insufficienza mitralica severa, si impianta per via percutanea una “graffetta” che permette di avvicinare i lembi mitralici nel punto maggiormente responsabile dell’insufficienza valvolare e correggere la valvulopatia mitralica.
- Trattamento del PFO e del DIA: in caso di presenza di un forame ovale pervio oppure di un difetto interatriale, si può eseguire una procedura interventistica di correzione di tali cardiopatie congenite tramite posizionamento di un “ombrellino” che permette di chiudere la comunicazione tra i due atri attraverso il PFO od il DIA. In molti casi la chiusura del forame ovale pervio può anche essere effettuata tramite un punto di sutura applicato per via transcatetere e senza quindi la inserzione di un corpo estraneo permanente (Noble Stich).
- Chiusura dell’Auricola dell’Atrio Sinistro: la fibrillazione atriale è un’aritmia che comporta un incrementato rischio di formazione di coaguli (trombi) all’interno di una struttura dell’atrio sinistro che si chiama auricola. Per ridurre questo rischio, si impiegano farmaci anticoagulanti che rendono il sangue più fluido e quindi meno predisposto a formare trombi dentro all’auricola. Questi farmaci comportano un rischio di sanguinamento ed emorragie. Per i pazienti considerati a rischio di sanguinamento durante l'assunzione di farmaci anticoagulanti, si può eseguire una procedura interventistica definita chiusura dell’auricola. Nel corso di questa procedura si posiziona un “tappo” all’interno dell’auricola, che impedisce la formazione di nuovi coaguli, senza necessità di dover assumere farmaci anticoagulanti.
Le metodiche diagnostiche e terapeutiche sopra descritte permettono una ridotta invasività con un positivo impatto per quanto concerne complicanze inclusa la necessità di trasfusioni di sangue.
Tempi di degenza che nella maggior parte dei casi si riducono a una notte in Ospedale o a 4-5 giorni per procedure più complesse come TAVI e altro che hanno un impatto importante sulla ripresa di una normale attività fisica e sociale da parte dei pazienti trattati. Tale riduzione dell'impatto ospedaliero e la ridotta invasività , inclusa l'assenza di anestesia generale, nella maggior parte dei casi, rendono superflua la necessità di riabilitazione. Il paziente può quindi ritornare alla sua normale attività già subito dopo la dimissione.
Questo iter facilita la ripresa psicologica e rende la gestione della "malattia", per il paziente e per i familiari, più semplice e anche meno onerosa sul piano economico.