Più di dieci milioni di informazioni al secondo: questa è la straordinaria capacità elaborativa dell’occhio umano, dotato di una struttura delicata.
La parete del bulbo oculare è composta da:
- Retina, i cui dieci strati sono formati da cellule nervose. Fra queste vi sono bastoncelli, responsabili della visione crepuscolare (in bianco e nero), e i coni, che coordinano invece la visione a colori. Questa parte dell’occhio è anche detta tonaca interna;
- Tonaca media o uvea. Essa è costituita da diversi elementi: coroide, che fornisce ossigeno e sostanze nutritive alla retina, corpo ciliare subito dietro l’iride, la membrana dal colore variabile, e cristallino. Quest’ultimo è essenziale, poiché è la lente biconvessa che riesce ad adattare la propria forma alla messa a fuoco dei raggi di luce sulla retina;
- Tonaca esterna, ovvero sclera (noto soprattutto come la parte bianca dell’occhio) e cornea. In condizioni normali, questa cupola, che funge da scudo esterno per il bulbo oculare, è trasparente.
Il percorso retino-corticale consente il processo di visione standard: camera anteriore e pupilla assorbono dall’esterno la luce, che si deposita poi sulla cornea e giunge infine alla retina, dove coni e bastoncelli provvedono a distinguere colori, contrasti, luminosità e buio. La prima immagine che si crea giunge infine attraverso il nervo ottico al cervello per l’elaborazione.
Dunque, l’astigmatismo cos’è?
La persona astigmatica è caratterizzata proprio da
un’irregolarità nella curvatura della cornea (astigmatismo corneale), oppure, più raramente, da
un difetto del cristallino (astigmatismo interno o lenticolare). Invece che essere sferica, la cornea risulta di forma ovoidale: la rifrazione della luce si traduce in multipli punti focali, causando una
mancata messa a fuoco nel medesimo punto. Ecco perché
le immagini che arrivano al cervello sembrano meno nitide.
Tale dinamica fa dell’astigmatismo un’
ametropia, ovvero una delle anomalie di rifrazione dell’occhio. Del resto, il termine “astigmatismo” ha un significato che deriva dal greco: “stigmé” si può tradurre con la parola “punto”, mentre la “a” iniziale ha funzione privativa.
Questo disturbo rappresenta quindi l’incapacità dell’occhio di restituire da un punto un’immagine puntiforme. Dunque, l’astigmatismo,
da lontano o da vicino, comporta sempre e comunque
una visione deformata. Ed è inoltre da sottolineare che questo disturbo non tende mai a migliorare: al contrario,
può peggiorare, anche se in alcuni casi solo leggermente.