ricovero

Si occupa della prevenzione, diagnosi e cura delle patologie dell’apparato riproduttivo e urinario come: Si eseguono interventi di chirurgia a cielo aperto, con tecniche innovative e/o mininvasive, di piccola, media e grossa complessità.

I PRINCIPALI INTERVENTI CHIRURGICI

Trattamento del tumore della vescica

  • interventi “a cielo aperto”, ossia con modalità tradizionale
  • interventi chirurgici endoscopici transuretrali (TURV).

Trattamento dell'incontinenza urinaria 

  • Impianti di sfinteri artificiali nell’incontinenza urinaria maschile dopo prostatectomia radicale per tumore o anche dopo interventi alla prostata di altra natura. 

Cura delle stenosi serrate e/o recidivanti dell’uretra 

  • Innesto della mucosa buccale o linguale 

Trattamento dell'ipertrofia prostatica o adenoma prostatico

  • intervento "a cielo aperto” detta anche chirurgia open, ossia con modalità tradizionale
  • intervento di resezione endoscopica transuretrale (TURP)
  • tecnica REZUM trattamento mininvasivo dell’adenoma prostatico in day hospital con anestesia locale o sedazione.

Trattamento per il pene curvo

  • corporoplastica semplice, corporoplastica con escissione di placca e innesto dermico

Risoluzione del deficit erettivo

  • impianto di protesi peniena tricomponenti a volume variabile e 
  • impianto di protesi peniene a volume fisso
  • allungamento del pene

Chirurgia oncologica del pene

  • amputazione parziale e ricostruzione del pene
  • amputazione totale e derivazione urinaria (urostomia perineale)
  • linfoadenectomia inguinale

Trattamento dell'infertilità maschile 

Interventi di microchirurgia delle vie seminali prossimali 
  • epididimo-vasostomia 
  • vasovasostomia 
  • microtese, tecnica microchirurgica di ricerca e prelievo di spermatozoi direttamente dal tessuto testicolare, disostruzione distali delle vie seminali
  • varicocelectomia
  • sclerotizzazione della vena spermatica.
ALCUNE DELLE PRINCIPALI AREE DI INTERVENTO

La prostata è una ghiandola del sistema sessuale-riproduttivo dell’uomo, si trova sotto la vescica davanti al retto e circonda l’uretra, canale che porta l’urina verso l’esterno. Il tumore della prostata è la più frequente neoplasia dell'uomo con un’incidenza che aumenta progressivamente con l’età: raramente si riscontra nei soggetti con meno di 40 anni. 

I tumori maligni della prostata sono rappresentati nella quasi totalità dall’adenocarcinoma prostatico.  Pur essendo un tumore maligno, ossia che produce metastasi, può comportarsi in maniera molto diversa perché le cellule che lo costituiscono differiscono dalle cellule prostatiche da cui ha origine.
La diversità è sintetizzata da un numero detto Somma di Gleason (GS) che va da 4 a 10:
  • adenocarcinomi GS 8-10 (definiti come scarsamente differenziati) sono i più aggressivi danno luogo a metastasi con molto più frequenza ed hanno un decorso molto più rapido
  • adenocarcinomi GS 4-6 (definiti come ben differenziati) sono molto lenti, qualche volta addirittura indolenti, e richiedono talora anni per portare gravi conseguenze al paziente
  • adenocarcinomi GS 7 con caratteristiche di aggressività intermedie. 
Sulla base dell’indice di Gleason, marcatori preoperatori, indicatori bioptici i tumori della prostata vengono divisi in categorie di rischio alto, medio e basso.

E’ fondamentale una diagnosi precoce e il più possibile mirata che evidenzia non solo la presenza del tumore ma anche la tipologia. 


La diagnosi

Si effettua con visita rettale, ma soprattutto con i marcatori tumorali, in particolare l’Antigene Prostatico Specifico (PSA) che viene misurato con semplice esame del sangue.

 Un valore elevato di PSA, in assenza di segni/sintomi sospetti e di una visita rettale con dimensioni della prostata nella norma può indicare la presenza di un tumore prostatico anche in fase iniziale, che deve essere comunque confermato dalla biopsia prostatica. I valori del PSA devono essere interpretati dall'Urologo, perché il valore del PSA può anche essere alterato non solo dalla presenza di un tumore ma anche da ipertrofia prostatica benigna e prostatiti.

Altri 2 marcatori di neoplasia prostatica utili per migliorare la capacità diagnostica sono:
  • [-2]proPSA è una frazione della molecola del PSA che è significativamente più elevata nel sangue di pazienti affetti da carcinoma prostatico;
  • PHI (acronimo della denominazione inglese Prostate Health Index, cioè Indice di salute prostatica) consente di differenziare il tumore prostatico in pazienti con PSA totale superiore a 2,5 ng/ml e di limitare il numero di biopsie superflue e si ottiene da un’elaborazione matematica dei risultati di: PSA totale, PSA libero e [-2]proPSA. Il PHI e il [-2]proPSA, che si misurano sempre con semplice prelievo di sangue, possono affiancare, ma non sostituire, il PSA totale e il PSA libero.
  • PCA3 è un indicatore di quali pazienti debbano essere sottoposti a un'ulteriore biopsia. Il PCA3 è un marcatore che viene ricercato nelle urine dei pazienti dopo essere stati sottoposti a esplorazione rettale. Un valore elevato nelle urine di questo maker può indicare la presenza di un tumore prostatico, inoltre può essere di aiuto nel prevedere l’aggressività del tumore, pertanto può essere determinante nelle scelte terapeutiche. Il PHI e il PCA3 sono complementari.
La neoplasia, a seconda della diffusione o meno nell’organismo, può essere classificata in stadi
  • T1 - non è palpabile dal retto o accertata con esami radiologici
  • T2 - contenuta all’interno della ghiandola prostatica
  • T3 - ha già coinvolto i tessuti che rivestono la prostata
  • T4 - ha già interessato la vescica o il retto.
La neoplasia può essere, inoltre, di stadio:
  • N1 se ha dato metastasi ai linfonodi prossimi alla prostata
  • M1 se le metastasi interessano le ossa o, più raramente, altri organi.
Lo stadio della neoplasia viene stabilito dalla visita rettale e da altre indagini diagnostiche per accertare il sospetto di metastasi.

In relazione  al PSA, Somma di Gleason e stadio si possono stabilire 4 categorie di neoplasia prostatica non metastatica:
  • basso rischio, la neoplasia è limitata all’interno della ghiandola prostatica ed è ben differenziata
  • medio rischio, la neoplasia è limitata all’interno della ghiandola prostatica ed è moderatamente differenziata
  • alto rischio, la neoplasia interessa i tessuti circostanti la prostata ed è scarsamente differenziata
  • altissimo rischio, neoplasia infiltrante organi circostanti o linfonodi


I trattamenti 

Se la neoplasia è metastatica o di stadio M1 la terapia è medica all’esordio, negli altri casi si può ricorrere altre opzioni terapeutiche in base alle caratteristiche del paziente e della neoplasia.

Per il tumore non metastatico la terapia si differenzia in base alla categoria.

I tumori a basso rischio possono essere trattati con la sorveglianza attiva, ossia monitoraggio del PSA, visite rettali e biopsia a intervalli predeterminati, HIFU o ultrasuoni focalizzati, metodica poco invasiva che distrugge il tessuto prostatico tramite un applicatore di ultrasuoni transrettale e può essere associata a resezione endoscopica, intervento chirurgico con tecnica conservativa (prostatectomia nerve sparing/intrafasciale) che conservano la continenza urinaria e l’erezione ma non l’eiaculazione, radioterapia, in particolare la tomoterapia, che permette un’irradiazione più accurata della neoplasia salvaguardando i tessuti circostanti.

Le neoformazioni vescicali possono essere neoplasie maligne che possono insorgere a livello dell’urotelio, epitelio che riveste tutte le vie escretrici dalle pelvi all’uretra.


Carcinoma uroteliale della bassa via escretrice (tumore della vescica e uretra)

Per accertare il carcinoma uroteliale della bassa via escretrice (vescica e uretra) si effettuano esami di diagnostica base (ecografia reni e vescica, citologico urinario) e invasiva (esame endoscopico transuretrale della vescica con cistoscopia flessibile associata o meno a biopsia a freddo); successivamente si può attuare l’approfondimento diagnostico o la stadiazione della neoplasia mediante TC con e senza mezzo di contrasto.

Questo tipo di carcinoma si può trattare mediante TURV (resezione endoscopica della neoplasia) che può essere completa per i carcinomi superficiali o debulking e stadiante (rimozione della maggior quantità di massa tumorale) per quelli infiltranti. Nei carcinomi superficiali il trattamento può essere implementato mediante instillazioni endovescicali di Mitomicina C oppure un farmaco immunostimolante, il BCG (a base di bacillo Calmette-Guerin).

I tumori infiltranti (o i tumori superficiali ad alto grado e in situ recidivi alle instillazioni) devono essere trattati con cistectomia radicale e derivazione urinaria ortotopica (neo-vescica ileale o sigmoidea) oppure esterna (ureteroileostomia o ureterocutaneostomia).


Carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice (uretere e bacinetto)

Per accertare il carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice (uretere e bacinetto) è disponibile la diagnostica di base (Ecografia, citologico urinario, TC con mdc) e quella invasiva (ureteropielografia ascendente, ureterorenoscopia con eventuale prelievo bioptico).

La terapia può essere endoscopica mediante ureterorenoscopia operativa con ablazione laser della neoplasia oppure chirurgica laparoscopica o a cielo aperto.

I calcoli urinari sono formazioni solide, simili a sassolini che si formano nei reni e nell’uretere per l’accumulo di alcune sostanze presenti nell’urina. Quelli più frequenti sono i calcoli di ossalato di calcio, quelli di acido urico sono meno frequenti.

 

I sintomi

Un calcolo, all’interno del rene, può essere asintomatico per tanto tempo ed essere riscontrato in modo casuale. Il sintomo principale è il dolore dovuto al movimento del calcolo dalla sua sede lungo le vie urinarie, colica renale, il dolore è intermittente, localizzato al fianco e spesso accompagnato da nausea. Altri sintomi possono essere: mal di schiena, ematuria (sangue nelle urine), renella nelle urine, disuria (difficoltà a urinarie), febbre, vomito. 
 

La diagnosi

La diagnosi di calcolosi renale o ureterale si effettua tramite specifici esami:

  • esame delle urine serve a individuare alterazioni fisiche e chimiche dell'urina (densità e pH), nonché la presenza di sangue e/o infezioni La misurazione del pH urinario serve per capire la natura dei calcoli: di cistina o acido urico se il pH è acido, di struvite con un pH alcalino

  • radiografia addominale (RX) per indagare e localizzare calcoli di ossalato di calcio e di fosfato di calcio, perché radiopachi

  • TC ed ecografia, per i calcoli di acido urico e cistina, per la loro radiotrasparenza. 

 

I trattamenti

La maggior parte dei calcoli urinari viene eliminata spontaneamente con le urine, tuttavia, se la loro presenza provoca forti dolori (colica) si può ricorrere a farmaci antidolorifici, se è presente infezione urinaria possono essere prescritti antibiotici, in caso di nausea e vomito farmaci antiemetici.
Quando non vengono espulsi, è necessario l'intervento chirurgico con:

  • litotrissia extracorporea, usa gli ultrasuoni per rompere il calcolo in piccoli frammenti che possono essere eliminati con le urine, viene eseguita con la somministrazione di un antidolorifico e si svolge ambulatorialmente. Spesso sono necessarie più sedute per arrivare alla completa frantumazione dei calcoli

  • nefrolitotomia percutanea, intervento chirurgico endoscopico, si accede al rene attraverso una piccola incisione sul dorso attraverso la quale si introduce un catetere. Nel catetere viene inserito il nefroscopio (strumento  ottico al cui interno si immette una sonda laser o a ultrasuoni) che viene fatto risalire fino a raggiungere il rene dove il calcolo viene frantumato dal laser ed estratto con pinzette. Questo trattamento si esegue in anestesia generale

  • litotrissia endoscopica ureteroscopica, è una procedura endoscopica che non richiede alcuna incisione. Si esegue inserendo nell’uretra un ureteroscopio (dispositivo allungato e sottile dotato di fibra ottica e telecamera in cui sono inseriti cateteri uretrali, fibre laser, cestelli ecc) e si fa risalire fino a raggiungere il calcolo per rimuoverlo con pinze o cestelli, oppure si può usare il laser per frantumarlo. Temporaneamente può essere inserito uno stent ureterale per facilitare l’uscita dei calcoli nella vescica. Questa procedura richiede anestesia generale e un breve ricovero, massimo una notte
  • ​Microperc, è un trattamento che utilizza un semplice ago con al suo interno un canale per le fibre ottiche, che trasportano l’immagine su un monitor, un secondo canale per l’ingresso di acqua per dilatare le cavità renale durante l’intervento e un terzo canale per la fibra laser. L’ago viene introdotto nel rene attraverso un piccolo foro nella schiena; l’intervento si può effettuare in anestesia locale e prevede un breve ricovero. Il laser utilizzato, ad Olmio, è il più indicato, utilizza, infatti, una fibra molto sottile (200 micron) e non è lesivo per le strutture interne del rene, il calcolo viene così polverizzato e il paziente lo espelle spontaneamente con le urine.

La prostatite è una patologia infiammatoria della prostata che interessa prevalentemente gli uomini sotto i cinquant'anni di età, può essere ad andamento acuto o cronico, batterica e non batterica, provocata da fattori infettivi (germi comuni) o comportamentali (stress, alcol, fumo, vita sedentaria, alimentazione inadeguata).

I sintomi possono essere aumento della frequenza della minzione, bruciore durante la minzione e l’eiaculazione, pesantezza a livello perineale e testicolare.

La prostatite può essere:
  • batterica, provocata da batteri Gram negativi e solo in minima parte da Gram Positivi, si manifesta con febbre elevata, dolori alla parte inferiore della colonna vertebrale e vari gradi di ostruzione vescicale, brividi
  • non batterica, che è la forma più frequente, si trasmette per via sessuale da partner infetto
  • acuta, si manifesta con febbre elevata, dolore uretrale e perineale, aumentata frequenza minzionale associata a dolore 
  • cronica, si presenta con dolenzia testicolare, pesantezza dolorosa del perineo, fastidio inguinale, dolore gluteo o alla base della colonna lombo-sacrale, meno frequentemente problemi urinari e sessuali (ad esempio eiaculazione precoce).
Talvolta questa patologia infiammatoria può essere causata anche da un semplice dolore prostatico, in questo caso il paziente ha gli stessi sintomi di una prostatite, ma senza infezioni urinarie documentate, né anomalie nel secreto prostatico.

La diagnosi e il controllo della patologia si basa su accertamenti come: 
  • l’esplorazione rettale
  • la spermiocoltura, talora necessaria anche se, in presenza di una forma acuta, la terapia antibiotica deve essere comunque iniziata prima di avere i risultati ed è talora difficile chiedere al paziente di eseguirla, è più utile nelle forme croniche 
  • l’ecografia transrettale, viene effettuata più raramente
  • PSA, i cui valori possono aumentare nel corso della fase acuta o cronica della prostatite, che rientra nei valori di base a cura avvenuta. 
Raramente utile l’ecografia transrettale.  Le prostatiti (sia acute sia croniche) possono causare aumenti del PSA, che tuttavia ritorna in genere ai valori di base a cura avvenuta. 

Nelle forme recidivanti e in quelle croniche è essenziale escludere la presenza di un’ostruzione urinaria a livello del collo vescicale, che talvolta può essere congenita e, nelle forme più gravi, può manifestarsi anche in età pediatrica. Si tratta di un malfunzionamento del muscolo liscio vescicale che confluisce nel primo tratto dell’uretra, il quale contraendosi e aprendosi fisiologicamente, dà inizio alla minzione. Un’apertura incompleta può causare un’ostruzione (sclerosi del collo vescicale) costringendo la vescica ad aumentare la pressione di uscita dell’urina. Poiché nel primo tratto dell’uretra sboccano i dotti eiaculatori, una pressione elevata in fase minzionale può provocare un reflusso di urina all’interno dei dotti eiaculatori e dei dotti prostatici, con conseguente infiammazione e/o infezione. Una semplice flussometria, che comporta una o più minzioni in uno strumento, flussometro, che ne misura il flusso per secondo, può indirizzare la diagnosi verso un malfunzionamento del collo vescicale. 
 

I trattamenti

La terapia più efficace per le prostatiti batteriche:
  • farmaci antibatterici, associati a farmaci antinfiammatori 
Possono essere necessari ripetuti cicli terapeutici di antibiotici, per la loro efficacia sui germi patogeni.

Per le prostatiti croniche può essere utile una terapia combinata con farmaci antibiotici e antinfiammatori, se presente una causa ostruttiva, può essere corretta con farmaci alfa-litici .
 

L’ipertrofia prostatica o adenoma della prostata, è un ingrossamento benigno della ghiandola. Con l’avanzare dell’età la ghiandola tende a modificarsi nella struttura e nel volume: diventa più grossa e si indurisce. A causa di questo ingrossamento l’uretra (canale urinario) può essere compressa e schiacciata allo stesso modo della parte periferica della ghiandola ostacolando la fuoriuscita dell'urina.

I sintomi caratteristici dell’ipertrofia prostatica dovuti alla compressione sul canale uretrale sono: 
  • aumento della frequenza della minzione durante il giorno e la notte
  • difficoltà a iniziare la minzione e sensazione di incompleto svuotamento della vescica
  • minzione intermittente, flusso urinario debole e sforzo nella minzione
  • necessità di svuotare la vescica (urgenza minzionale) e bruciore mentre si urina.

La diagnosi

L’inquadramento diagnostico del paziente sintomatico si basa su alcuni accertamenti: 
  • l’esplorazione rettale, per valutare le dimensioni e la struttura della ghiandola
  • la flussometria urinaria, con valutazione del ristagno post-minzionale, è un esame non invasivo utile per misurare la velocità di uscita dell’urina e valutare il danneggiamento della vescica
  • la misurazione del PSA (Antigene Prostatico Specifico) con un semplice esame ematico.

I trattamenti

Se la terapia medica non è sufficiente si ricorre all’intervento chirurgico. La tecnica chirurgica più utilizzata è  l’incisione/resezione endoscopica transuretrale o TURP della prostata, che consiste nell’allargamento del collo vescicale, tratto distale della vescica, e del tratto di uretra che passa all’interno della prostata. Può essere eseguito con un’ansa a corrente elettrica monopolare o con un’ansa a corrente elettrica bipolare, (TURP bipolare) e con diversi tipi di laser.
La TURP bipolare sta sostituendo la monopolare perché ha risultati equivalenti ma, utilizzando un circuito bipolare che non attraversa il paziente e la soluzione salina, è più sicura. 

I vantaggi per i pazienti del laser trattati con il laser a olmio o a tullio possono essere:
  • minore sanguinamento e degenza ridotta 
  • sintomi postoperatori ridotti
  • conservazione delle normali capacità erettili e di eiaculazione.
La prostatectomia a cielo aperto viene utilizzata molto più raramente in caso in cui la ghiandola prostatica ha un peso superiore ai 100 gr. Una conseguenza molto frequente della chirurgia può essere la perdita dell’eiaculazione, di cui il paziente deve essere sempre informato, mentre non è noto alcun effetto significativo sull’erezione. 

Le neoformazioni renali solitamente sono asintomatiche nelle fasi iniziali fino agli stadi avanzati della patologia. Possono essere benigne (non cancerose) o maligne (cancerose).
 

i tumori benigni

I tumori renali benigni più frequenti sono le cisti sierose per la presenza di liquido ma, in alcuni casi, il contenuto può diventare ematico. Nella maggioranza dei casi la cisti insorge dalla sostanza corticale del rene e si sviluppa in superficie sollevando la capsula del rene. Generalmente non provocano disturbi e possono quindi essere lasciate in situ, purché si sia documentata e accertata la natura cistica.
Altri tumori benigni sono l’adenoma e l’oncocitoma renale, neoplasie benigne a prognosi favorevole con caratteristiche radiologiche che permettono di distinguerle dalle neoplasie maligne; in alcuni casi può essere necessaria una biopsia della massa per una diagnosi più approfondita.
 

I tumori maligni

I tumori renali maligni rappresentano il 3% di tutte le neoplasie e l’adenocarcinoma renale, o carcinoma a cellule renali, costituisce circa l’85-90% di tutti i tumori renali.
Il suo sviluppo e le manifestazioni cliniche possono essere atipiche, infatti, nel 30% dei pazienti con questa neoplasia la diagnosi viene posta in base a sintomi e segni non urologici.
Questa neoplasia può essere asintomatica fino agli stadi avanzati; in alcuni casi può impiegare anche decenni per svilupparsi, rimanere silente e non produrre sintomi, in altri, invece, la sua crescita è rapida e aggressiva.
Altre forme meno frequenti di neoplasie maligne sono il carcinoma papillare, il carcinoma del dotto collettore, il tumore a cellule cromofobe.
Ulteriori tumori maligni, correlati al rene, possono essere considerate le neoplasie della via escretrice, con caratteristiche anatomo-patologiche diverse e legate alla patologia dell’epitelio urinario.
 

La diagnosi

La diagnosi di tumore renale viene fatta con l’ausilio di esami radiologici che permettono di visualizzare la massa e riconoscerne la struttura e quindi la tipologia.
L’esame di screening primario è l’ecografia, che permette di differenziare le cisti semplici, benigne, dalle cisti complicate, emorragiche, infettive o neoplastiche che possono essere studiate anche con l’ausilio del Ecocolordoppler che mette in evidenza l’eventuale vascolarizzazione della neoplasia.
A completamento dello studio può essere necessaria la TC con mezzo di contrasto o la RM per individuare la massa e classificarla secondo lo schema di Bosniak che divide le cisti renali in quattro diversi gruppi, dalle cisti benigne al cistoadenocarcinoma. Inoltre la TC e la RM possono evidenziare la natura della massa, la sua estensione e la presenza di eventuali metastasi.
In casi selezionati può rendersi necessaria la biopsia delle neoformazioni renali che viene eseguita per via percutanea.
Nelle neoplasie della via escretrice invece è necessario uno studio completo di tutto l’epitelio urinario e quindi è indicata una cistoscopia con ureterorenoscopia e studio radiologico completo.


I trattamenti
Il trattamento del tumore del rene è sostanzialmente chirurgico, con terapie immunologiche, chemio  e radioterapiche a eventuale  supporto clinico.
Il fine è di asportare la massa neoplastica in toto attraverso un intervento chirurgico che può essere la nefrectomia radicale (rimozione completa del rene), la nefrectomia parziale (rimozione di una parte del rene dove è presente la neoplasia) o addirittura la tumorectomia (rimozione del solo tumore).
L’intervento può essere eseguito per via videolaparoscopica, attraverso l’ausilio di fibre ottiche che permettono un intervento mini-invasivo o, nei casi più complessi, attraverso l’intervento chirurgico tradizionale “open”.
Può rendersi necessario eseguire degli accertamenti con fibre ottiche (endoscopi), finalizzati a una diagnosi completa della patologia (cistoscopia, ureteroscopia, biopsia, stenting).
Tutte le indagini diagnostiche e terapeutiche sono eseguibili con strumentazione che permette un rapido e preciso percorso diagnostico e una terapia chirurgica personalizzati caso per caso.

Il varicocele è una patologia caratterizzata dalla presenza di dilatazioni venose, i vasi che drenano e circondano il testicolo (plesso pampiniforme). Tutte le vene del testicolo confluiscono in una vena detta spermatica che, a destra drena nella vena cava (vaso molto grosso) mentre a sinistra si innesta, ad angolo retto, nella vena renale.
Nella maggioranza dei casi il varicocele insorge, solitamente, a sinistra, verosimilmente per la confluenza ad angolo retto della vena spermatica.
Sui danni testicolari portati dal varicocele e che coinvolgono il testicolo controlaterale, possono essere provocati dall’aumento della temperatura intrascrotale. 

Dal punto di vista clinico il varicocele può essere classificato in:
  • subcliniconon obiettivabile clinicamente ma solo con esami strumentali
  • di I grado, quando è evidenziabile alla palpazione sotto manovra del Valsalva
  • di II grado, quando evidenziabile alla palpazione, anche senza manovra del Valsalva
  • di III grado, quando è evidenziabile all’ispezione


La diagnosi 

La visita diretta deve essere eseguita con il paziente in posizione ortostatica (in piedi) e supina (sdraiata), integrandola con la manovra del Valsalva (espirazione forzata con naso e bocca chiusi, per circa 10 secondi).
L’esame deve essere esteso al testicolo, all’epididimo e al funicolo spermatico. In una percentuale variabile, al varicocele, può essere associata un’ipotrofia testicolare.

Le indagini diagnostiche prevedono:
  • l’Ecocolordoppler, per l’acquisizione di dati sull’entità del varicocele, sul flusso, sotto Valsalva e sul volume testicolare 
  • spermiogramma, esame del liquido seminale, indagine essenziale perché consente di conoscere l’eventuale alterazione seminologica presente e di verificarne le variazioni successive a un eventuale intervento terapeutico.
 

I trattamenti

La terapia percutanea, ossia la sclerotizzazione anterograda (secondo Tauber) eseguita in anestesia locale, è una delle tecniche mininvasive attualmente più praticate insieme alla terapia chirurgica che prevede la legatura bassa delle vene spermatiche per via inguinale o subinguinale.

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