Bisogna prima di tutto sottolineare che la ciste sacrococcigea è caratterizzata da
un’alta resistenza e
comporta un elevato numero di recidive. Non è quindi casuale che nel corso degli anni e di numerosi studi siano state messe a punto molte tecniche di trattamento diverse fra loro. In ogni caso,
per affrontare la cisti pilonidale con la terapia ottimale, si seguono le linee guida messe a punto dall’ e dalla .
Vi sono anche casi in cui, dal momento che
non provoca sintomi, la ciste pilonidale può anche non essere trattata. Ciò non significa che il paziente non debba fare nulla: al contrario, per facilitare il riassorbimento della cisti pilonidale i primi rimedi sono
il mantenimento di una buona igiene e la depilazione della zona interglutea.
Altra questione si verifica
quando la cisti pilonidale è infiammata e si è sviluppata un’infezione: prima che si formino una fistola sacro-coccigea oppure un ascesso coccigeo, può rivelarsi utile seguire una terapia di tipo farmacologico con
antibiotici e antinfiammatori, sempre su prescrizione medica. L’assunzione di antibiotico è particolarmente coerente nei casi in cui il paziente soffre di una
intensa cellulite nella zona da trattare. Il medico stesso può anche decidere di prescrivere
antidolorifici nel caso in cui i sintomi siano particolarmente fastidiosi.
? inoltre possibile procedere con
incisione e drenaggio della cisti pilonidale: il medico “addormenta” l’area interessata con un anestetico locale, esegue un’incisione di piccole dimensioni aprendo così la cisti, drena il materiale purulento e rimuove tutti i corpi solidi presenti al suo interno (peli, capelli, minuscoli frammenti di tessuto, ecc.). In seguito, pulisce la ferita con una soluzione salina e la ricopre con una garza sterile. In genere, con l’aiuto dei farmaci sopra citati e con la sostituzione frequente della medicazione (circa tre volte a settimana), la ferita guarisce in quattro settimane.
Altri metodi mininvasivi, ma meno comuni e indicati solo in situazioni selezionate
con malattia pilonidale cronica, sono:
- Trattamento con colla di fibrina: si rimuovono i peli residui nella zona interessata e si esegue una sigillatura con questa tipologia di colla assorbibile. Si tratta di una procedura da eseguire in anestesia locale (o anche generale, in base alle esigenze del paziente) e comporta un recupero molto rapido.
- Iniezioni di fenolo, che possono anche prevenire il ricorrere della patologia soprattutto in caso di cisti pilonidale lieve o moderata.
Ma di fronte a una cisti pilonidale, il trattamento prevede
una sola soluzione definitiva, dato il già citato rischio elevato di recidiva:
l’intervento chirurgico di asportazione della cisti.
Cisti pilonidale: l’intervento
La tecnica principalmente utilizzata per rimuovere una cisti sacro-coccigea è la cosiddetta
EPsiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment). La procedura, che dura circa 20-30 minuti, prevede l’esecuzione di una piccola incisione (inferiore a 5 millimetri), effettuata con guida ecografica, e l’introduzione di un laser o un elettrobisturi per l’asportazione della cisti.
Questa particolare tecnica di escissione della lesione offre tutta una serie di
vantaggi: una notevole
riduzione della quantità di tessuto asportato, con conseguente
diminuzione dei tempi di ricovero, una
gestione post-operatoria più semplice e un
recupero più veloce, tanto che il paziente può riprendere le proprie attività già nel giorno seguente. Lo stesso impatto estetico, che è legato a doppio filo con quello psicologico, è significativamente basso.
Dopo l’asportazione della cisti pilonidale, l’operazione prevede queste due opzioni, fra cui il medico può scegliere:
- Chiusura per prima intenzione o diretta: il chirurgo chiude la ferita con punti di sutura, che saranno rimossi dopo 10-12 giorni, e i lembi di cute che la definivano aderiscono. La guarigione della ferita è più veloce, ma non mancano casi di recidive anche dopo l’intervento.
- Chiusura per seconda intenzione: il medico lascia la ferita chirurgica aperta e la tampona con una garza sterile contenente una soluzione iodata. La zona risulterà più pulita e i tessuti saranno liberi di riformarsi. Si allungano però i tempi di guarigione, che possono arrivare anche a 6 settimane.
Dopo l’intervento, bisogna
prestare attenzione alle possibili complicazioni, che possono comprendere
infezioni locali o una guarigione difficoltosa della ferita. Il paziente deve quindi attenersi scrupolosamente alle indicazioni ricevute dal chirurgo e in generale dal personale medico, che consentiranno di gestire al meglio la fase post-operatoria e favorire la guarigione.
? proprio in questa fase che
le visite di controllo sono indispensabili, poiché permettono la gestione tempestiva di eventuali problematiche e l’osservazione della situazione nella sua evoluzione.