La terapia per l’endocardite consiste nella somministrazione di antibiotici. Nel caso di danni permanenti alle valvole del cuore causate dall’infezione, si procede a intervento chirurgico.
Per impedire a germi e batteri di introdursi nel sistema circolatorio e dunque anche nel sangue, è consigliata una
profilassi per l’endocardite a base di antibiotici: si tratta di una serie di precauzioni che vengono prese per impedire il verificarsi della infiammazione dell’endocardio.
La profilassi antibiotica è necessaria in quanto è stato dimostrato da un punto di vista scientifico che i soggetti che hanno subito un attacco alle valvole cardiache da parte dello streptococco Beta Emolitico del gruppo A o che presentano malformazioni congenite, sono maggiormente a rischio di una ricaduta, ossia di un danno valvolare qualora fossero nuovamente infettati da questo germe.
La
profilassi per trattare l’
endocardite è consigliata nei seguenti casi considerati ad alto rischio:
- Presenza di protesi valvolari cardiache, anche biologiche;
- Endocardite batterica pregressa;
- Cardiopatie congenite e disfunzioni valvolari acquisite;
- Shunt sistemico-polmonari creati in sala operatoria.
La
profilassi antibiotica per l’
endocardite è inoltre raccomandata nel caso di:
- (estrazioni dentarie, chirurgia, implantologia di protesi e/o di denti, pulizia dentale e rimozione del tartaro o comunque tutte le procedure che possono comportare un sanguinamento);
- Procedure del tratto respiratorio (tonsille, adenoidi, mucosa, bronchi, ecc..);
- Procedure del tratto gastrointestinale (scleroterapia per varici esofagee, dilatazione di restringimenti esofagei, endoscopie per ostruzioni biliari, chirurgia sul tratto biliare, interventi all’intestino);
- Procedure del tratto genitourinario (Interventi alla prostata, cistoscopia, dilatazioni dell’uretra).
La terapia consiste in un trattamento farmacologico a base di antibiotici. Nel caso in cui una valvola del cuore risulti danneggiata dall’infezione tanto da non poter più svolgere la propria funzione, si interviene chirurgicamente.
La profilassi per prevenire l’
endocardite prevede inoltre il ricovero in ospedale, in quanto gli antibiotici vengono somministrati per via endovenosa. Quando la febbre e altri sintomi associati all’infiammazione cominciano a diventare meno gravi allora la cura della endocardite può avvenire anche a casa per via orale.
La profilassi antibiotica può essere applicata con l’utilizzo di diverse tipologie di farmaci e a seconda della gravità del quadro clinico, la terapia ha una durata che può oscillare dalle 2 alle 6 settimane. Quando le infiammazioni intaccano una valvola cardiaca e quindi diventano più complesse da gestire solo con un trattamento farmacologico, possono necessitare di un intervento chirurgico, di riparazione o sostituzione valvolare.
Nella scelta della terapia per l’
endocardite gioca un ruolo fondamentale l’esperienza del cardiologo e naturalmente la sua specializzazione. Il tipo di profilassi antibiotica non è da sottovalutare e soprattutto deve essere valutata in base alle condizioni cliniche del paziente e agli esiti dell’esame dell’emocoltura.
E’ importante che il farmaco agisca in maniera efficace sui batteri responsabili dell' infezione.
Nei pazienti con
endocardite infettiva causata da streptococco sensibili alla penicillina si verifica in genere un miglioramento significativo e un calo della febbre entro 5 giorni dall’inizio del trattamento terapeutico. La febbre può comunque persistere per ragioni diverse fino alla risoluzione dell' infezione. Nei casi di
endocardite infettiva generata da stafilococco invece il paziente risponde alla terapia in tempi più lunghi e più lenti. Non si escludono casi di recidive che possono aver luogo a distanza di 30 giorni dalla comparsa dei sintomi, e in questi casi, o si procede con una nuova profilassi antibiotica, oppure se ci sono altre indicazioni, può essere necessario l'intervento chirurgico. Se la patologia si ripresenta a distanza di 6 settimane dalla fine dell’infezione in soggetti che non hanno protesi valvolari o comunque sono privi di fattori di rischio, si tratta di solito di una nuova infezione piuttosto che una recidiva.
Linee guida e prevenzione dell' endocardite
Le
linee guida per il trattamento dell'
endocardite raccomandano un approccio multidisciplinare alla patologia. Questo vuol dire che in un centro c’è la necessità di avere un gruppo di specialisti, cardiologi, chirurghi e infettivologi, in grado di prendere in carico il paziente e osservarlo a 360 gradi.
Le linee guida principali che riguardano tale patologia sono:
- Gruppo di specialisti multidisciplinare;
- Diagnosi precoce;
- Accesso immediato all’ambulatorio di cardiologia;
- Terapia antibiotica iniziale.
Studi recenti sulla
prevenzione dell' endocardite hanno dimostrato come il metodo pluridisciplinare sia fondamentale per la buona riuscita del trattamento, addirittura abbasserebbe l’indice di mortalità dal 18% al 10% in pochi anni. Le linee guida valgono anche per le situazioni specifiche compresa quella infettiva nell'unità di cure intensive e l'endocardite infettiva connessa al tumore.
In sintesi una corretta prevenzione passa per: diagnosi precoce, terapia antibiotica iniziale e la possibilità per i pazienti di sottoporsi in anticipo a esami cardiologici. L’
endocardite è una patologia che può essere fatale se trattata in ritardo. E’ importante per gli ospedali osservare con estrema precisione le linee guida finalizzate a ridurre i tempi della diagnosi, introdurre in anticipo la terapia antibiotica ed eventualmente inviare i pazienti all’intervento chirurgico.
Ai pazienti, invece, si raccomanda di osservare una, in quanto questi controlli hanno un ruolo fondamentale per diminuire il rischio di
endocardite infettiva.
La profilassi antibiotica è da sempre un ambito di discussione per i cardiologi. Di recente, con le nuove
linee guida, si è giunti alla conclusione che la profilassi antibiotica viene raccomandata soltanto per i pazienti con elevato rischio di
endocardite.
Questa patologia è in continua evoluzione ed è purtroppo ancora oggi associata ad una elevata mortalità, soprattutto ospedaliera. Le
linee guida hanno come obiettivo principale quello di aiutare i medici a non perdere di vista la prevenzione così come ai pazienti e di seguire alla lettera la profilassi per diminuire l'incidenza di questa patologia, specie nei pazienti che hanno fattori di rischio più elevati di altri.